Torna la fiducia nelle obbligazioni
Se è pur vero che non si può ancora parlare di “pace” tra gli investitori italiani e le obbligazioni, è altrettanto vero che la temuta fuga dagli investimenti obbligazionari si è da tempo fermata, e che gradualmente è possibile ricondurre un discreto livello di fiducia degli italiani nei confronti degli impieghi sui titoli di debito. È facile ricordare quando, appena tre anni fa, l’esodo dalle obbligazioni sembrò iniziare con un ritmo irrefrenabile.
La crisi dello spread, all’epoca, invase l’Italia in maniera prepotente, andando a minare alla base la credibilità dei titoli di Stato: nel momento peggiore delle criticità internazionali (novembre 2011), il Btp a 10 anni arrivò a perdere oltre il 20% del proprio valore. Ebbene, proprio in tali frangenti furono numerosissimi gli italiani a vendere i propri investimenti nelle obbligazioni, tanto che tra il 2011 e il 2012 i possessori in titolarità di obbligazioni furono calati di 3 punti rispetto alla rilevazione precedente. Dal 2012 in poi, tuttavia, il calo subì un corposo arresto e, dopo una lieve inversione di tendenza riscontrata nel 2013, il 2014 sembra aver ripreso la flessione originaria. Tuttavia, contrariamente a quanto accaduto nel biennio 2011 / 2012, il calo dell’anno in corso sembra avere ragioni del tutto differenti: tre anni fa gli investitori abbandonarono le obbligazioni perchè avevano sfiducia sul debito italiano; oggi, invece, gli investitori si stanno allontanando solo in marginalità dalle obbligazioni, ma per poter ribilanciare nel migliore dei modi i propri portafogli, in un’ottica di maggiore diversificazione. E se è pur vero che oggi i titoli pubblici rappresentano l’impiego mobiliare più diffuso in Italia, è altrettanto veritiero che l’industria del risparmio gestito è cresciuta di 135 miliardi tra il 2012 e il 2013, superando così i 1.330 miliardi di euro. I titoli obbligazionari hanno oggi una incidenza di circa il 40% tra i grandi investitori e del 37% tra i medi investitori. Gli stessi titoli di debito sono inoltre ancora molto apprezzati tra coloro che ricercano la massima avversione al rischio (40%), dagli imprenditori (35%), dai professionisti (35%), dai dirigenti (33%), dai funzionari (33%), dai laureati (30%). Minore è invece l’incidenza tra i più giovani, tra coloro che non hanno una cultura scolastica superiore, e tra chi percepisce uno stipendio medio inferiore ai 2.000 euro.